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Storia del Santuario

   

Il santuario  primitivo

Tracce consistenti, anche se frammentarie, degli ambienti descritti nell’Apparitio furono rinvenute negli anni Cinquanta nel corso di scavi archeologici realizzati, per iniziativa del Capitolo, al di sotto del piano di calpestio della grotta micaelica, dell’atrio e degli adiacenti.

La cosiddetta “cripta A”, identificata con la longa porticus di accesso al santuario altomedievale, corrisponde alla zona d’ingresso situata sotto l’atrio. Inizia dalla parte ovest della Canonica terminando, dopo circa quaranta metri, in corrispondenza dello spesso muraglione che sostiene il prospetto della navata angioina con la porta di bronzo. La “cripta B” si estende al di sotto dell’attuale quota di calpestio della grotta per una ventina di metri, fin sotto l’attuale coro della basilica ed i gradini dell’altare del Sacramento. E’ divisa in tre vani, separati lateralmente da archi e pilastri, su cui sono visibili frammenti di decorazione pittorica ed un gran numero di iscrizioni incise. Una “scala tortuosa” garantisce il collegamento tra la “cripta B” e a “cripta C” – ultimo degli ambienti rinvenuti in direzione dell’altare – sopraelevata e anch’essa divisa in vani. Negli ambienti messi in luce fu ritrovato un gran numero di testimonianze oggettuali, frammenti di affreschi ma soprattutto graffiti ed iscrizioni murali, contestuali all’utilizzo dei predetti ambienti. I graffiti, anteriori agli affreschi che in parte risultavano sovrapposti ad essi, si trovano tanto lungo le pareti delle cripte denominate B e C, quanto sui pilastri di sostegno degli archi che fiancheggiano la cosiddetta “scala regia” nonché la “scala tortuosa”, e costituiscono le più antiche testimonianze di devozione da parte dei pellegrini della Montagna sacra.

 Il santuario prelongobardo 

Tra le numerose testimonianze epigrafiche e monumentali rinvenute nella cripta B, alcune possono riferirsi ad una fase di sistemazione prelongobarda del santuario. Il numero complessivo delle testimonianze iscritte alfabetiche lasciate dai visitatori del santuario tra VI e IX secolo ammonta a 175 iscrizioni.

Dalla metà del VII sino all’VIII secolo, il santuario micaelico fu oggetto di importanti lavori di ristrutturazione e ampliamento, voluti e finanziati dai duchi di Benevento: di tale operazione si conservano numerose testimonianze monumentali ed epigrafiche. Un primo intervento risalirebbe all’epoca di Romualdo I (662-687), il quale fece costruire una nuova scalinata che conduceva all’altare cosiddetto delle Impronte e poi, deviando verso mezzogiorno, raggiungeva il camminamento che portava alla basilica grandis. Successivamente, il setto roccioso che divideva le due cavità fu abbattuto e si venne a creare un unico grande ambiente al quale si accedeva per una nuova scalinata monumentale: essa, realizzata ad una altezza maggiore rispetto a quella fatta costruire da Romualdo I, partiva dall’antico ingresso meridionale ed era fiancheggiata da due ordini di archi che permettevano una visione globale della caverna. Contemporaneamente, la scalinata monumentale fu collegata, tramite due campate, al corpo centrale di una fabbrica costituita da cinque campate;una ottava campata sul lato opposto alla scalinata servì come ingresso alla struttura, che si configurava come una galleria lunga circa quaranta metri, corrispondente all’attuale Museo Lapidario.
 
In ragione del fatto che il santuario convogliava l’interesse delle diverse forze che agivano nell’Italia Meridionale, esso assunse una precisa funzione politica, intrecciatasi strettamente con la storia dei Longobardi. Il santuario di S.Michele si caratterizzò per un preciso ruolo di mediazione tra la promozione di una fede popolare e il consolidarsi di una politica religiosa: lo attestano il consistente corpus epigrafico risalente a quell’epoca e iscrizioni di apparato volute dai duchi longobardi.
 
 
I Longobardi
Dalla metà del VII sino all’VIII secolo, il santuario micaelico fu oggetto di importanti lavori di ristrutturazione e ampliamento, voluti e finanziati dai duchi di Benevento: di tale operazione si conservano numerose testimonianze monumentali ed epigrafiche. Un primo intervento risalirebbe all’epoca di Romualdo I (662-687), il quale fece costruire una nuova scalinata che conduceva all’altare cosiddetto delle Impronte e poi, deviando verso mezzogiorno, raggiungeva il camminamento che portava alla basilica grandis. Successivamente, il setto roccioso che divideva le due cavità fu abbattuto e si venne a creare un unico grande ambiente al quale si accedeva per una nuova scalinata monumentale: essa, realizzata ad una altezza maggiore rispetto a quella fatta costruire da Romualdo I, partiva dall’antico ingresso meridionale ed era fiancheggiata da due ordini di archi che permettevano una visione globale della caverna. Contemporaneamente, la scalinata monumentale fu collegata, tramite due campate, al corpo centrale di una fabbrica costituita da cinque campate;una ottava campata sul lato opposto alla scalinata servì come ingresso alla struttura, che si configurava come una galleria lunga circa quaranta metri, corrispondente all’attuale Museo Lapidario.
 
In ragione del fatto che il santuario convogliava l’interesse delle diverse forze che agivano nell’Italia Meridionale, esso assunse una precisa funzione politica, intrecciatasi strettamente con la storia dei Longobardi. Il santuario di S.Michele si caratterizzò per un preciso ruolo di mediazione tra la promozione di una fede popolare e il consolidarsi di una politica religiosa: lo attestano il consistente corpus epigrafico risalente a quell’epoca e iscrizioni di apparato volute dai duchi longobardi.

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