Le due ante, come attesta una iscrizione, furono eseguite nel 1076 nella regale città di Costantinopoli, su commissione dell'amalfitano Pantaleone, che ne fece dono al Santuario. Costituite da una pesante intelaiatura di legno rivestita di formelle in oricalco (lega di rame, zinco, piombo e poco argento), fissate da robuste cornici dello stesso metallo fermate da borchie, appartengono ad un gruppo di opere analoghe, tutte di manifattura bizantina, concentrate tra Lazio e Campania. Tipica delle officine di costantinopoli è anche la decorazione ad agemina - disegno inciso nel metallo e sottolineato da niello, arricchito da applicazioni di lamine in argento - mentre le iscrizioni in latino e alcuni soggeti rappresentati riflettono le indicazioni di un ideatore forse diverso dal committente: probabilmente il vescovo di Siponto o lo stesso clero della basilica. Sulle formelle è raffigurato un "ciclo di salvazione", che attraverso la guida dell'Angelo del Signore conduce gli uomini alle porte del Paradiso. La leggenda garganica è rappresentata dalle tre apparizioni in sogno dell'Arcangelo a Lorenzo, santo vescovo di Siponto, raffigurate su altrettante formelle secondo una iconografia stereotipata. La presenza, su una formella, dei SS. Martiri Cecilia e Valeriano incoronati dall'Arcangelo, costituisce una esplicita allusione alla Chiesa di Roma. L'Apparizione, su un'altra,di due angeli a S. Martino di Tours, può essere invece considerata come segno di omaggio ai dominatori normanni o di ossequio al vescovo di Siponto, il benedettino Girardo, proveniente da Montecassino dove una cappella era dedicata appunto al santo Tours.